Steve Reich “Double Sextet – 2×5” (2010)


Non è da tutti i giorni poter ascoltare un lavoro di tale livello, 73 anni da poco compiuti e tra i fondatori della corrente “post-minimalista”, Steve Reich resta un compositore fresco e ancora pieno di energia.

“Double Sextet – 2×5”, valsogli persino un premio “Pulitzer”, segna un ritorno alle sonorità più “grezze” e cosa ancora più interessante il riutilizzo dello strumento principe del Rock, la chitarra.

 

 

Steve Reich “Double Sextet – 2×5” (2010)

Track List:
Double Sextet(performed by Eighth Black Bird):
01. Fast (8.39)
02. Slow(6.43)
03. Fast(6.56)

2×5 (performed by Bang On A Can):
01. Fast(10.12)
02. Slow(3.12)
03. Fast(7.08)

Non è da tutti i giorni poter ascoltare un lavoro di tale livello, 73 anni da poco compiuti e tra i fondatori della corrente “post-minimalista”, Steve Reich resta un compositore fresco e ancora pieno di energia.public_SteveReich_DoubleSextet2x5

“Double Sextet – 2×5”, valsogli persino un premio “Pulitzer”, segna un ritorno alle sonorità più “grezze” e cosa ancora più interessante il riutilizzo dello strumento principe del Rock, la chitarra.

Già, perché era ormai il lontano 1987 quando Reich scrisse “Electric Counterpoint”, opera per 12 chitarre, 2 bassi e chitarra solista, commissionata dalla “Brooklyn Accademy of Music” e suonata dal grande Pat Metheny.

Reich ci riprova, questa volta però con un organico differente, due “set” da cinque musicisti l’uno, due chitarre elettriche, basso elettrico, pianoforte e un set di percussioni (grancassa e tre rullanti); il tutto per due ( da qui il titolo “2×5”). Il motivo di questa formazione, secondo me, nasce dall’esigenza di poter sfruttare al meglio l’effetto del “panning”. In linea di principio potremmo dire che ogni formazione interviene sulle pause dell’altra, così da creare un unico blocco sonoro risultante dagli incastri ritmici delle due sezioni.

Nella prima sezione “Fast”, le chitarre creano dei temi su di un tappeto ritmico molto marcato in 3/4 a 160 bpm, giocando principalmente su dei classici power chords e rivolti. La cosa interessante è che vengono suonati su ottave molto alte grazie all’utilizzo del Whammy Pedal, quasi da non sembrare più delle chitarre, ma delle gocce di pioggia su un marciapiede in una fredda mattina newyorkese. Nell’immaginario collettivo dei chitarristi, il power chords è la chiave del sound “Rock & Heavy” per raggiungere un gran suono a livelli molto distorti, in questo caso accade esattamente l’opposto …

A metà della prima sezione esplode il temporale, il groove delle percussioni, dei piani e dei bassi si fa ancora più fitto, il modulo ritmico “6/8 – 2/4 – 5/8 – 7/8 – 5/8” ripetuto in maniera ciclica non smentisce la grandezza di Reich nel riuscire a manipolare davvero poco materiale e a renderlo musicale. Questa volta la melodia è affidata solo alle chitarre di destra, mentre le restanti rafforzano insieme agli altri strumenti questo motore senza fine.

“Slow” è l’arcobaleno dopo la tempesta, i bpm sono dimezzati e tutto è più rilassato e sognante.

Nella terza sezione “Fast”, il motore riparte, ma questa volta il tema delle chitarre di sinistra, molto più cantabile, contribuisce a rendere il tutto molto più fluido. Il tema verrà ripreso a “canone” anche dalle chitarre di destra, creando dei giochi ritmici e melodici davvero molto interessanti. Il brano volge al termine in un picco massimo di armoniche che si vengono a creare sfruttando tutti e quattro i whammy pedal settati su due ottave, la sensazione che si prova è unica, ci si sente mancare il terreno sotto i piedi.

La premiere di “2×5”, che è stata affidata ai “Bang on Can”, si è tenuta a Manchester all’International Festival, in questa occasione però la formazione era dimezzata ed il secondo organico pre-registrato. La prima assoluta invece, suonata completamente dal vivo con tutti e dieci i musicisti, è stata a Roma all’Auditorium Parco della Musica l’8 Aprile 2010; eseguita dalla “PMCE” Parco della musica Contemporanea Ensemble sotto la guida del direttore Tonino Battista.

Vivamente consigliato!

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