Canzoni e vite
l’album d’esordio di Montecristo
Giorgio Grasso, classe 1981, in arte Montecristo, è artista nel DNA. La sua voglia di esprimersi attraverso la musica, le immagini e i suoni è innata dimostrandola già a tre anni giocando con i Lego e i Playmobil insieme alla madre. Questa è la concezione dell’arte per il Montecristo, una dimensione che si ottiene inventando ma anche giocando nella vita di tutti i giorni.
Canzoni e vite
l’album d’esordio di Montecristo
Giorgio Grasso, classe 1981, in arte Montecristo, è artista nel DNA. La sua voglia di esprimersi attraverso la musica, le immagini e i suoni è innata dimostrandola già a tre anni giocando con i Lego e i Playmobil insieme alla madre. Questa è la concezione dell’arte per il Montecristo, una dimensione che si ottiene inventando ma anche giocando nella vita di tutti i giorni.
Regista è un cantautore Giorgio ha anche fatto tre film: “Saimir” iniziato nell’autunno del 2003 dove ha lavorato come assistente alla regia di Francesco Munzi ottenendo una menzione speciale al festival del cinema di Venezia’04; “La Guerra degli Stomachi”, un film che scrive e dirige sempre nel 2003 coinvolgendo troupe e attori contattati tramite internet e annunci vari; “Replay” realizzato nell’estate del 2005 e tratto da una sua sceneggiatura. Un film per il quale ha scritto anche le 3 canzoni originali prodotte con gli Ashtray, trio acustico di cui è voce e autore e da lui formato nello stesso 2005 insieme ai chitarristi Cristian Murasecchi e Marko Pavic.
Con la musica ha iniziato a fare sul serio già da adolescente scrivendo canzoni, testi e musiche. Acquistata una chitarra per arrangiare e accompagnare le sue creazioni, a 18 anni, decide di intraprendere un percorso didattico che gli possa permettere di perseguire i suoi sogni. Inizia, così, lo studio del canto da Arabella Vallone, eccezionale cantante nonché figlia del grande Raf Vallone, produce l’album “Where Were We..?”, contenente 10 brani originali, tra cui le 3 canzoni del film “Replay” e viene invitato al “De Andrè Day”, dove presenta il pezzo “Blind Love Ballad”, cover de “La Ballata dell’Amore Cieco”, da lui tradotta e adattata in lingua inglese.
Nella primavera del 2009 conosce David Marchetti, col quale inizia la produzione del suo primo disco in italiano dal titolo “Canzoni e Vite”. Volendo ben distinguere il percorso cinematografico da quello musicale sceglie, per quest’ultimo, un nome d’arte chiamandosi Montecristo, in onore del romanzo di Alexandre Dumas “Il conte di Montecristo”.
“Canzoni e vite”, l’album d’esordio prodotto dalla Ghiro Records di David Marchetti e distribuito dalla Halidon, ha ottenuto un buon successo grazie anche alla promozione ottenuta con l’apertura in chiave acustica del concerto di Carmen Consoli e Fabio Abate all’Auditorium di Roma e con la presentazione alla Fnac di Roma il 10 marzo.
La particolarità di questo disco è dovuta al fatto che Montecristo ha voluto dedicare alcune canzoni a personaggi storici o della narrativa come per esempio “Orlando”, dedicata all’Orlando Furioso, oppure “Nausicaa” che prende spunto dall’Odissea. Una scelta decisamente coraggiosa ed impegnativa che lo ha esposto a critiche anche aspre. Parlare di esperienze di vita, mettere in musica emozioni personali è una cosa; cimentarsi in progetti dove si parla dell’Innominato o Giuda è sicuramente più complicato.
Resta, comunque, una scelta rispettabile e dettata dal suo amore per la letteratura che lo ha portato a scegliere anche il suo nome d’arte, quel conte di Montecristo del romanzo di Alexandre Dumas opera che ama fin da quand’era piccolo.
Ma se in “Canzoni e vite” i testi possono apparire eccessivamente impegnati, la musica sicuramente non lo è. Tra ballate a base di chitarra acustica in “L’innominato” e ballate rock in “Canzone di Giuda”, tra il blues di “Jeckill” ed i tappeti di tastiere in “Per il tuo sorriso”, la produzione musicale sembra poco chiara anche nella mente dello stesso autore e la si può inserire facilmente tra le produzioni di musica leggera italiana. Sicuramente ispirato nella produzione dei testi un po’ meno in quella delle musiche.
In “Linfa” si può notare un gustoso progressive con una batteria irregolare (eccessivo l’uso dei piatti a mio avviso) ed una buon utilizzo di effetti, mentre “La pecora nera” parla di un popolo ipocrita e rassegnato a vivere in un gregge che si ostina a non riconoscere il valore di chi non vuole allinearsi. Ma resta troppo poco per impressionare la critica.
Nel complesso “Canzoni e vite” rimane un buon album d’esordio per il cantautore romano, un artista decisamente bravo nel trasferire le sue emozioni in parole ma che dovrebbe curare maggiormente la musica, cercando di essere meno commerciale così come non lo è con i testi.
Marco Mammoliti